La prova che Babbo Natale esiste
by Juna

Il paradosso di Curry ed altri racconti di Natale

Siamo ormai giunti alle porte del Natale e come ogni anno ci approntiamo a scambiare doni con amici e parenti. E allora quale miglior regalo per tutti coloro che non hanno mai rinunciato all’ idea che un ilare vecchietto vestito di rosso se ne vada a zonzo nella notte della Natività, che una prova formale dell’ esistenza di Babbo Natale?

Si consideri la seguente prova dell’esistenza di Babbo Natale:

Se questa proposizione è vera allora Babbo Natale esiste

Siano

A: “Questa proposizione è vera”

B: “Babbo Natale esiste”

Poiché la proposizione è della forma “se A allora B”, si assume A per dimostrare che segue B. Si osserva tuttavia che se si prende per buona A allora implicitamente si accetta che sia vera l’intera proposizione poiché nell’ interpretazione data “questa proposizione è vera”. Inoltre affinché una implicazione sia vera, dato l’ antecedente vero deve essere vero anche il conseguente: se A è vera allora deve esserlo anche B … quindi Babbo Natale esiste(!).

E’ stato lo stesso Curry a definire questo paradosso e a dimostrare che non solo esso si manifesta utilizzando il linguaggio naturale ma è anche possibile darne una dimostrazione formale. Infatti assumendo:

A → A

Per sostituzione si ottiene:

A → (A → B)

Da cui si deduce:

A → B

Poiché inoltre A equivale ad A → B, si dimostra:

A

Da cui segue

B

Come sciogliere allora il paradosso? Con il passare del tempo sono state fornite diverse soluzioni, tra le quali vale la pena di ricordare le più significative: il dialettismo, attraverso il quale si è ritenuto possibile considerare una proposizione contemporaneamente vera e falsa; l’idea di Tarski di stabilire una gerarchia di livelli del linguaggio ; il tentativo di discernere in quali casi alcune particolari affermazioni potessero generare paradossi oppure non costituire un problema al fine della determinazione della loro stessa verità o falsità (Kripke).

Il primo approccio non annichilisce il paradosso; il secondo non ammette l’utilizzo del predicato “vero” in enunciati di livello zero ed in livelli superiori quando non si riferisca ad enunciati di un livello inferiore. L’organizzazione gerarchica di Tarski contribuisce pertanto ad eliminare ogni forma di circolarità negli enunciati. Eppure lo fa pagando un prezzo altissimo: l’impossibilità di trovare applicazione per tutti quegli enunciati la cui verità dipende da altri enunciati e per i quali è impossibile determinare il livello di gerarchia linguistica.

Solo Kripke mise in evidenza l’impossibilità di stabilire a priori se ci si trovi o meno in presenza di un enunciato autoreferenziale. Un enunciato della forma:

“Questo enunciato è vero”

può essere definito paradossale solo se per “questo” si intende proprio l’enunciato citato e ad esempio non si fa riferire la parola “questo” ad un qualsiasi altro enunciato. Peraltro anche nel primo caso sarebbe improprio parlare di “paradossalità” e sarebbe più esatto parlare di “arbitrarietà”: è lo stesso enunciato a definire il proprio valore di verità.

E ora una domanda per il lettore: Babbo Natale esiste oppure no?



Bibliografia

Estratto del giorno 13/12/2010 da Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Curry’s_paradox
Clark, M. (2008). I paradossi dalla A alla Z. Raffaello Cortina.
Curry, H. (1942). The Incosistency of Certain Formal Logic. The Journal of Symbolic Logic , 115-117.
Smullyan, R. (1981). Qual è il titolo di questo libro? Zanichelli.
Varzi, A. C. (2010). Kripke: modalità e verità . Tratto il giorno 21/12/2010 da http://www.columbia.edu/~av72/papers/Carocci_2010.pdf

Category: blog

Tags: logica

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